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TIPOLOGIA: Film

TEMA: Disabilità intellettiva (schizofrenia)

TITOLO: “A beautiful mind”

DURATA: 135 min

REGIA: Ron Howard

CAST: Russell Crowe, Jennifer Connelly, Ed Harris, Paul Bettany, Vivien Cardone, Christopher Plummer, Adam Goldberg, Josh Lucas, Anthony Rapp, Jason Gray-Stanford…

GENERE: Biografico

CLASSIFICAZIONE: 🔴 *

TRAMA

Nel 1947, il diciannovenne e talentuoso matematico John Nash entra all’Università di Princeton, dove instaura un legame soltanto con Charles Herman, il suo compagno di stanza. Qui, John riesce in una tesi di dottorato di sole 27 pagine a esporre geniali intuizioni fondamentali allo sviluppo della “teoria dei giochi”, facendo così diventare obsolete le teorie economiche di Adam Smith.

Per le sue idee otterrà il successo e un importante posto di ricercatore al Wheeler Laboratory del Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston, ma in piena guerra fredda viene contattato dal Pentagono per la sua incredibile capacità di decodificatore. Nella sala di decrittazione, il protagonista isola una serie di numeri di una radiotrasmissione proveniente da Mosca, che gli dà l’impressione di essere un messaggio criptato: analizzato il messaggio cifrato con il semplice uso della memoria, scopre che certi numeri rappresentano le coordinate geografiche di due città degli Stati Uniti, con le relative istruzioni di transito degli agenti segreti, riceverà così ulteriori ingaggi fino a scoprire qualcosa di sconvolgente per la sua vita…

COMMENTO PERSONALE **

In questo caso, faccio una premessa ricordando che lo scopo di questo progetto è rilasciare analisi tecniche sul fronte inclusione, non recensioni che abbiano a che fare con l’aspetto puramente cinematografico, né tantomeno con i gusti personali che sono sacrosanti.

Alla luce di questo, non posso purtroppo dare un buon voto al film “A beautiful mind”, film liberamente ispirato all’omonima biografia di Sylvia Nasar, pubblicata in Italia col titolo “Il genio dei numeri”: appartenendo sostanzialmente al genere biografico, la storia risulta davvero troppo “troppo”, cioè pesante, spesso noiosa da venir voglia di saltare avanti alla scena successiva. Questo perché la schizofrenia, seppur descritta in modo realistico dato che i sintomi di John Nash sono gli stessi che deve affrontare chi condivide la sua condizione, viene comunque enfatizzata al massimo, e l’impressione che si ha è che la malattia mentale debba compensare il più possibile la genialità del protagonista per non portare gli spettatori a vederlo come un saccente arrogante pieno di fissazioni e complessi. 

In breve, trovo che la sceneggiatura sia eccessivamente romanzata. Certo, si tratta anche comunque di fiction e dobbiamo pur osservare le vicende sotto questa lente, ma il sapore che mi è arrivato da metà film in poi (SPOILER, andate al paragrafo successivo se non volete leggerlo) è quello di una bruttissima copia di “Shutter Island”, nonostante quest’ultimo sia un film del 2010, nel quale almeno c’era una trama molto più avvincente rispetto a quella di “A beautiful mind”, e con la partecipazione di un Leonardo DiCaprio ugualmente bravo.

Insomma, questo titolo rimane un riferimento nella storia del cinema degli ultimi vent’anni e nessuno vuole cancellare ben quattro “Golden Globe”, eppure con un fuori classe come Russell Crowe si sarebbe potuto fare molto, molto di più secondo me, alleggerendo le oltre due ore di visione senza per questo sminuire un tema così delicato, anzi, magari offrendo più occasioni per sviscerarlo meglio, toccando aspetti anche meno ego-riferiti e più sociali per portare a una maggiore consapevolezza e sensibilità di tutte e tutti, mentre in questa forma “A beautiful mind” sembra più un compito virtuosistico fine a se stesso.

  • PRO: Il merito di parlare di schizofrenia in un periodo in cui, comunque, non se ne parlava abbastanza.
  • CONTRO: Trama pesante, spesso noiosa, che sviscera poco, di per sé, il tema della malattia mentale.

* LEGENDA CLASSIFICAZIONE:
🔴 = parla di disabilità in modo totalmente sbagliato (con pietismo, compassione, «inspiration porn» o eccessiva «romanticizzazione») e inoltre ha una pessima trama, banale o emotivamente ruffiana, facendo leva sulla pancia del pubblico;
🟡 = parla di disabilità non del tutto correttamente a livello concettuale ma ha una trama molto piacevole, emozionante, divertente o con punti interessanti (insomma, rappresenta comunque un buon prodotto di intrattenimento, così godibile però da non far pensare allo spettatore medio che quello che sta guardando non è proprio inclusivo);
🟢 = parla di disabilità in modo perfetto e ha pure una storia che funziona, accattivante, riuscendo a coinvolgere e a emozionare chi guarda in modo “sano”, senza ricorrere a un pietismo dannoso.

** DISCLAIMER:
Ogni commento a film, docu e serie TV è puramente personale: l’analisi sul fronte “inclusione” si fonda sempre su uno studio multidisciplinare ed esperienza professionale, mentre non c’è alcuna intenzione di dare pareri tecnici cinematografici, non avendo specifiche competenze in materia. Ricordo inoltre che l’arte resta ovviamente in gran parte soggettiva, perciò tutte le altre opinioni (compreso quelle divergenti) meritano rispetto e sono valide, basandosi sulle proprie emozioni. Fanno parte di questa lista quei titoli entrati nella grande distribuzione come Cinema, Netflix o Amazon Video; sono quindi escluse opere, soprattutto amatoriali, che sarebbero invece difficilmente reperibili.