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TIPOLOGIA: Film

TEMA: Disabilità intellettiva

TITOLO: “Forrest Gump”

DURATA: 142 min

REGIA: Robert Zemeckis

CAST: Tom Hanks, Robin Wright, Gary Sinise, Sally Field, Mykelti Williamson, Haley Joel Osment, Michael Conner Humphreys, Hanna R. Hall, Geoffrey Blake, Sam Anderson…

GENERE: Drammatico, commedia

CLASSIFICAZIONE: 🟡 *

TRAMA

Siamo nel 1982 e Forrest Gump, nato e cresciuto con la madre a Greenbow, un piccolo paese dell’Alabama, è un uomo di circa quarant’anni quando sta aspettando l’autobus in Georgia: da quella panchina su cui è seduto inizia a raccontare la sua vita a dei passanti. Così, Forrest parla del suo primo giorno di scuola (che non accettandolo a causa dei suoi limiti, ha potuto frequentare grazie a sua madre che si è concessa sessualmente al preside), e di come sull’autobus abbia incontrato la piccola Jenny Curran, diventando subito amici. 

Da ragazzi, però, le vite di Forrest e Jenny si separano: lei studia a un college femminile e frequenta altri ragazzi, lui si arruola nell’esercito dove fa amicizia con “Bubba”, soldato afroamericano anch’esso con un leggero ritardo mentale. Ma nonostante la distanza, Forrest non smette di pensare a Jenny, così si mette alla sua ricerca…

COMMENTO PERSONALE **

“Forrest Gump” è uno di quei capolavori classici senza tempo in grado di commuovere chiunque, e su questo non ci piove. Se pensiamo agli anni in cui è stato girato, quando sicuramente c’era una cultura dell’inclusione molto meno aperta di oggi, non possiamo certo lamentarci del risultato finale: gli sforzi per essere accettato dagli altri compiuti da Forrest sono costanti e si ritrovano in ogni suo gesto, da quello più piccolo a quello più plateale. Ma c’è davvero materiale per un’analisi sul fronte disabilità, quando l’intero film rappresenta la “romanticizzazione” più estrema del romanzo omonimo a cui si è liberamente ispirato, scritto da Winston Groom nel 1986?

Quel che è certo è che “Forrest Gump”, quando uscì, divise l’America facendo discutere sul piano politico: feroce la critica di una certa parte di stampo liberale, che ritenne il film un veicolo della destra conservatrice, capace di nascondere dietro ai buoni sentimenti alcuni valori come patriottismo, capitalismo e famiglia tradizionale, andando contro la cultura degli anni ‘70, quella dei pacifisti e degli hippies. Ma secondo queste basi, e a prescindere da tutte le analisi politiche che si potrebbero fare e che non sto qui a illustrare per non annoiarvi (online si trovano commenti decisamente interessanti), ripeto, c’è spazio per parlare dell’inclusione?

In realtà non molto. Forrest Gump è nato con problemi di postura (dovrà portare per molti anni dei tutori) e un ritardo cognitivo, è vero, ma non così grave da impedirgli una vita autonoma e indipendente, e tutte le avventure che vive le vive “semplicemente” secondo le sue limitazioni che, a volte, si dimostrano in realtà aspetti positivi, come ad esempio la sua ingenuità che mai lo rende calcolatore o egoista o così buono da prendersi cura degli altri agendo senza pensare alle conseguenze delle proprie azioni, al contrario di coloro che provano ad approfittarsi di lui ad ogni occasione. Un puro d’animo che percepisce la realtà per quella che è e che crede ancora fermamente nel sogno americano, abbastanza da prendersi, alla fine, ciò che vuole davvero mentre il resto della società pare arrendersi a un destino incerto come quella scatola di cioccolatini mostrata a inizio film.

Questo fatto di avere una disabilità ma di portare, piano piano, a farla percepire sempre di più sullo sfondo allo spettatore, non è altro che un punto a favore, portandoci a percepire Forrest semplicemente “Forrest”, per quello che è, punto. Ma può bastare per definire questo un film “sulla disabilità”? A parer mio no. Mentre Forrest cerca infatti di essere incluso in una società che gli alza muri (e in questo, per carità, non c’è nulla di più realistico), si ritrova sistematicamente al centro dei grandi cambiamenti della sua epoca: insegna a Elvis Presley a ballare, diventa un eroe della guerra in Vietnam, ispira John Lennon nella scrittura di “Imagine”, incontra tre Presidenti degli Stati Uniti, provoca il Watergate e contribuisce alla distensione con la Cina. Insomma, siamo decisamente molto oltre la fiction, quasi nel campo della fantascienza, e non possiamo dire che il protagonista sia un esempio concreto e utile per l’inclusione.

Perché i suoi risultati raggiunti sono, in un certo senso, irraggiungibili per chiunque, e paragonarsi a lui non potrebbe che generare un senso di frustrazione, a prescindere da quale sia il finale del film che non spoilererò. Ma “Forrest Gump” rimane comunque un film bellissimo, dove “il ritardo” è un accessorio qualunque e la vita, alla fine, ti premia sempre “nei tempi giusti”.

  • PRO: Una storia emozionante. Fin troppo romanzata, certo, ma molto emozionante.
  • CONTRO: L’eccesso di fiction che lo rende un film poco adatto e difficilmente credibile per parlare di inclusione e disabilità.

* LEGENDA CLASSIFICAZIONE:
🔴 = parla di disabilità in modo totalmente sbagliato (con pietismo, compassione, «inspiration porn» o eccessiva «romanticizzazione») e inoltre ha una pessima trama, banale o emotivamente ruffiana, facendo leva sulla pancia del pubblico;
🟡 = parla di disabilità non del tutto correttamente a livello concettuale ma ha una trama molto piacevole, emozionante, divertente o con punti interessanti (insomma, rappresenta comunque un buon prodotto di intrattenimento, così godibile però da non far pensare allo spettatore medio che quello che sta guardando non è proprio inclusivo);
🟢 = parla di disabilità in modo perfetto e ha pure una storia che funziona, accattivante, riuscendo a coinvolgere e a emozionare chi guarda in modo “sano”, senza ricorrere a un pietismo dannoso.

** DISCLAIMER:
Ogni commento a film, docu e serie TV è puramente personale: l’analisi sul fronte “inclusione” si fonda sempre su uno studio multidisciplinare ed esperienza professionale, mentre non c’è alcuna intenzione di dare pareri tecnici cinematografici, non avendo specifiche competenze in materia. Ricordo inoltre che l’arte resta ovviamente in gran parte soggettiva, perciò tutte le altre opinioni (compreso quelle divergenti) meritano rispetto e sono valide, basandosi sulle proprie emozioni. Fanno parte di questa lista quei titoli entrati nella grande distribuzione come Cinema, Netflix o Amazon Video; sono quindi escluse opere, soprattutto amatoriali, che sarebbero invece difficilmente reperibili.