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TIPOLOGIA: Film

TEMA: Autismo

TITOLO: “Rain man”

DURATA: 133 min

REGIA: Barry Levinson

CAST: Dustin Hoffman, Tom Cruise, Valeria Golino, Gerald R. Molen, Jack Murdock, Michael D. Roberts, Ralph Seymour, Lucinda Jenney, Bonnie Hunt, Beth Grant…

GENERE: Drammatico

CLASSIFICAZIONE: 🟡 *

TRAMA

A Los Angeles, Charlie Babbitt, un venditore di auto di lusso, apprende che quattro Lamborghini sono state trattenute al porto a causa del mancato rispetto delle normative antinquinamento. 

Charlie ordina così a un dipendente di mentire agli acquirenti, e, preoccupato delle conseguenze, parte comunque per un viaggio nel weekend con la sua collega e fidanzata Susanna: durante il viaggio però riceve una telefonata dalla quale apprende che suo padre è morto. 

Al funerale Charlie viene a sapere che l’unico erede del patrimonio familiare è il fratello maggiore Raymond, un uomo nello spettro dell’autismo, di cui ignorava l’esistenza. Così, sentitosi tradito dal genitore e indebitato sul lavoro, decide di sequestrare Raymond dalla clinica psichiatrica in cui è ricoverato, nella speranza di diventarne il tutore e prendere possesso del patrimonio paterno…

COMMENTO PERSONALE **

“Rain man” è considerato tra i principali film riguardanti l’autismo, diventato subito un riferimento nella cultura popolare, peccato però che gran parte della comunità autistica si dissoci da questa opinione proprio per il solito ricorrente problema: la rappresentazione di un altissimo funzionamento che poco rispecchia la realtà più diffusa.

Quella di “Rain man”, infatti, è la classica narrazione stereotipata che, sebbene sia in linea con l’immaginario di quegli anni, oggi non possiamo più accettare, visto soprattutto quanto il suo successo abbia contribuito ad alimentare, appunto, un’idea distorta dell’autismo (che in buona parte ci trasciniamo ancora) caratterizzato da stereotipi come genialità e particolari ossessioni (ad esempio per i calcoli e le date). Ma le persone nello spettro non sono affatto tutte così!

La trama di “Rain man”, alla fine, risulta piuttosto semplice, a tratti banale rispetto a come un road trip film dovrebbe essere (con un’evoluzione maggiore dei personaggi, almeno per come la vedo io), con l’unico vero merito di aver scelto il finale meno scontato possibile e non certo di comodo rispetto ad altro di più appetibile per il romanticismo del grande pubblico politicamente corretto. Così come, invece, si è fatto per alcune scene, chiaramente scritte per emozionare in modo fin troppo facile (penso, ad esempio, alla scena nel bagno in cui Charlie scopre di essere il fratello di Raymond, dove forse per la prima volta emerge un gran senso di protezione reciproca).

Menzione doverosa alla bravura di Dustin Hoffman (decisamente “piatto” invece Tom Cruise, per non parlare di Valeria Golino che si prenderà il suo spazio soltanto nella scena dell’ascensore con Raymond, anch’essa un po’ surreale e non per il gesto compiuto – no spoiler – ma per la reazione di lui fin troppo impassibile), che comunque è portato, sempre per l’idea che si aveva oltre trent’anni fa dell’autismo, a enfatizzare in modo davvero eccessivo il comportamento di Raymond, risultando molto spesso stucchevole.

In conclusione, “Rain man” fa parte della cultura cinematografiche di fine anni ‘80 e non possiamo negarlo, occorre però, come per altri lavori, comprendere che la sua è una visione ormai superata, o certamente da superare. In tal senso, ci è utile fare un confronto con una pellicola uscita nello stesso periodo: “Buon compleanno Mr. Grape”, un film che, quello sì, sarebbe dovuto diventare il riferimento giusto per una vera inclusione delle persone con autismo.

  • PRO: Il finale non scontato.
  • CONTRO: Visione eccessivamente stereotipata, spesso stucchevole, dell’autismo.

* LEGENDA CLASSIFICAZIONE:
🔴 = parla di disabilità in modo totalmente sbagliato (con pietismo, compassione, «inspiration porn» o eccessiva «romanticizzazione») e inoltre ha una pessima trama, banale o emotivamente ruffiana, facendo leva sulla pancia del pubblico;
🟡 = parla di disabilità non del tutto correttamente a livello concettuale ma ha una trama molto piacevole, emozionante, divertente o con punti interessanti (insomma, rappresenta comunque un buon prodotto di intrattenimento, così godibile però da non far pensare allo spettatore medio che quello che sta guardando non è proprio inclusivo);
🟢 = parla di disabilità in modo perfetto e ha pure una storia che funziona, accattivante, riuscendo a coinvolgere e a emozionare chi guarda in modo “sano”, senza ricorrere a un pietismo dannoso.

** DISCLAIMER:
Ogni commento a film, docu e serie TV è puramente personale: l’analisi sul fronte “inclusione” si fonda sempre su uno studio multidisciplinare ed esperienza professionale, mentre non c’è alcuna intenzione di dare pareri tecnici cinematografici, non avendo specifiche competenze in materia. Ricordo inoltre che l’arte resta ovviamente in gran parte soggettiva, perciò tutte le altre opinioni (compreso quelle divergenti) meritano rispetto e sono valide, basandosi sulle proprie emozioni. Fanno parte di questa lista quei titoli entrati nella grande distribuzione come Cinema, Netflix o Amazon Video; sono quindi escluse opere, soprattutto amatoriali, che sarebbero invece difficilmente reperibili.