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Può renderti impaziente e felice, nervoso o ansioso. Può essere serio e impegnativo o diventare tragicomico. Può distruggerti oppure fortificarti. Comunque vada, un primo appuntamento ti cambia sempre un pezzo di vita – si spera in meglio.

Un primo appuntamento è una sfida più grande di tutte le fatiche di Ercole messe insieme. Lo è per tutti, figurarsi per una persona con disabilità che, il più delle volte, non può permettersi un atletico slancio per aggrapparsi alla bandiera di “fine livello” come in Super Mario Bros. E allora accedere allo step successivo diventa più complicato, che si tratti di un incontro frivolo o dell’inizio di una promettente relazione.

Fortunatamente, oggi, internet ci viene in aiuto. Ormai passiamo le giornate attaccati ai social network dove molto di noi viene raccontato (in modo più o meno coerente con la realtà): una prima “scrematura” in base a ciò che riteniamo affine a noi stessi, dunque, possiamo farla da subito. E poi le chat sono un buon filtro, uno scudo per chi è più timido e insicuro, permettendo di allacciare il primo contatto senza fatica (anche in questo caso, nel bene e nel male…).

Per non parlare poi delle app di dating che spuntano come funghi per rendere tutto più rapido, ma non certo più smart, basandosi sull’apparenza e sul superficiale istinto famelico. Nutrimento per una necessità sociale “visiva” che neanche per le video-conferenze di lavoro Skype, quelle che usa il tuo capo per capire se hai davvero svolto tutti i compiti o se hai la credibilità di chi dice “domani dieta” il 24 Dicembre.

Perché parliamoci chiaro: le disabilità, online, si possono anche mascherare. Basta un selfie inquadrato in stile Belen, spararsi flash alla Barbara D’Urso, pubblicare video con la musica di Rocky in sottofondo, raccontare aneddoti avvincenti, taggarci in qualche locale fico scelto a caso (e magari pieno di scale)… e tutto potrebbe, se solo volessimo, apparire più magico. Una quotidianità entusiasmante o quantomeno “normale”, priva di troppe difficoltà, nascondendone gli aspetti più bui.

In questo, l’onestà intellettuale ripaga sempre: inutile far sprecare tempo a persone che, una volta conosciute dal vivo, perderanno poi interesse perché incapaci di accoglierci. Il resto, quindi, deve farlo il caso, o la fortuna, il karma, o insomma chiamatelo come volete: a me piace definirla maturità o empatia. Incontrare cioè le persone giuste, quelle in grado di “andare oltre” quattro ruote, un bastone, una protesi o quel che abbiamo come accessorio, disagi inclusi (che quelli, chi più chi meno, li abbiamo tutti seppur in modalità diverse). Ecco perché questo articolo è per ognuno di noi.

Ciò non toglie che un primo appuntamento sia fonte di ansia! Quante probabilità ci sono che il/la nostro/a “uscente” abbia toccato con mano la disabilità? Quanto tempo potrà mai aver trascorso, nella sua vita, con un disabile? E che abbia spinto una carrozzina? Poche, a meno che non lavori in ambito sanitario. E che ci sia uscito/a per una cena galante, quante? Tendenti allo zero, escluse le “sindromi da crocerossina” o speciali perversioni da collezionisti di handicappati.

Ecco allora sei consigli su come trascorrere un primo appuntamento nel modo più rilassato e disteso possibile, per entrambe le parti. Ché infondo ognuno di noi ha una propria disabilità e qualcosa da “farsi accettare” dall’altro.

  1. Niente bugie, sii te stesso. Devi essere più limpido di una bottiglia d’acqua Evian nella pubblicità con Chiara Ferragni. Non alzare muri peggio di Trump, mostra ciò che puoi dare in una relazione facendo capire all’altro cosa lo aspetterebbe in un’ipotetica vita di coppia. Perché dovrebbe accettare un secondo appuntamento? Perché dovrebbe valerne la pena? È in questo che devi mostrare la tua “normalità”, perché nessuno si presenta raccontando per prima cosa le proprie sfighe.
  2. La disabilità fa parte di te, ma tu non sei la tua disabilità. Il fatto che ti possa creare ansia il pensiero della reazione altrui non deve portarti a parlare solo delle tue difficoltà, dei tuoi problemi e di ciò che non puoi fare. Certo, questo non significa ignorare il fatto che hai una disabilità o che l’altro non debba essere messo al corrente di quel che nel tuo caso comporta, ma non mettere subito le mani avanti stringendo una cartella clinica: parlane come se fosse parte della tua vita esattamente come parli di ciò che ti piace, delle tue passioni, del tuo lavoro, delle tue amicizie. Nessuno vorrebbe accanto un frignone che si auto-commisera, pure se avesse il fisico di Cristiano Ronaldo e corresse come Usain Bolt.
  3. Dalle tempo. Proprio perché non tutti hanno avuto esperienze con la disabilità, e proprio perché non tutto ciò che riguarda la vita di un disabile è idilliaco, devi dare tempo all’altra persona di “metabolizzare” per farle comprendere se è in grado di affrontare o meno certe realtà, con annessi e connessi. Se sei arrivato ad un primo appuntamento significa che c’è un primo interesse: concentrati su questo e sii ottimista. Se avrai troppa ansia genererai ansia, mentre la pazienza è la virtù dei forti (e degli sfigati, come me).
  4. Cerca l’amore, non qualcuno che ti assista. Lascia perdere paragoni con gli/le eventuali “ex” e smettila di tirare in ballo i tuoi genitori, specie tua mamma, ogni due discorsi. Stai cercando qualcuno con cui condividere la tua vita (o al massimo il letto per qualche sera, perché no?), non un/una badante. Tutto il resto, se uno tiene al proprio partner, diventa scontato e fa parte del “pacchetto”, così come lo è passare domeniche intere chiusi dentro IKEA a fare shopping perché l’altro ha deciso di cambiare l’arredamento (cambiato sei mesi fa).
  5. È il primo appuntamento, non l’ultimo. Siamo oltre sette miliardi e mezzo di persone nel mondo, sessanta milioni in Italia, quasi quattro di questi in Toscana dove vivo io. Un “no” ricevuto non deve far credere che passeremo il resto della vita su un divano, con un gatto accanto, guardando Netflix dieci ore al giorno e scofanando sacchi di patatine fritte grandi come quelli per l’immondizia. Non possiamo star bene con tutti e un esito negativo non è detto che dipenda da noi. Cerca di capire cosa non ha funzionato, lavora su te stesso per migliorare ma non in modo ossessivo, perché chi non ci vuole non merita il nostro tempo né le nostre energie.
  6. Sorridi, la vita è bella. Contagia te stesso e tutto ciò che ti sta attorno. Siamo tutti capaci di amare a prescindere dalla forma, e già per questo dovremmo sentirci “abili”. Vedrete, le sorprese arrivano sempre quando meno le aspettiamo.

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